Fabio Mini il Fatto Quotidiano 2 luglio 2022
L’Europa che piace alla Nato non è l’Ue
che sta a Bruxelles
Il vertice Nato di Madrid, “grazie” alla Russia, ha ricompattato la Nato che si appresta a diventare l’unica sua controparte della guerra europea. Ricompattare significa che prima non lo era affatto.
Per molti buoni motivi, come scriveva già nel 2007 Hajnalka Vincze del Foreign Policy research Institute statunitense (EU-Nato syndrome- Spotlight on Transatlan,tic Realities), fin dagli anni ’90 i conflitti balcanici avevano dimostrato agli europei gli svantaggi di essere alla mercé di una terza parte, anche se amica e alleata. L’episodio di Afsouth (il rifiuto americano di cedere anche un solo comando regionale della Nato a un europeo) è stato rivelatore della volontà americana di perpetuare il proprio controllo indiviso e ha messo gli europei di fronte, ancora una volta, alla realtà del loro status di partner “minori”. Da parte di Washington, l’atteggiamento più naturale nei confronti di qualsiasi ambizione verso una vera indipendenza europea è stato quello di opporsi. Ufficialmente gli Usa non si fidavano dell’Europa frazionata. La famosa domanda di Henry Kissinger “Se voglio sapere cosa pensa l’Europa, quale numero di telefono devo chiamare?” riassume perfettamente lo stereoi i po che vede la differenza fondamentale tra l’America e l’Europa n ella distinzione tra una potenza statunitense unifica ta e omogenea, contrapposta alla frammentazione europea.
LA LINEA DI WASHINGTON , seguita con determinazione e costanza per sessant’anni, si è espressa con le visioni diametralmente opposte a quelle degli Stati membri dell’Ue, la maggior parte dei quali non riesce a fare i conti con il concetto di potere e/o di autonomia. Ovviamente, è molto più comodo avere come alleati interlocutori privi di reale potere contrattuale e di alternative. Da qui il solito motto: gli Stati Uniti si aspettano dall’Europa “complementarità con l’America, ma non autonomia da essa” (Brzezinski 2004). La Nato rimane uno dei migliori strumenti per raggiungere questo obiettivo, il che spiega gli sforzi compiuti da Washington per impedire, o almeno porre condizioni severe, l’avvio della difesa europea (cfr. Howorth 2007). Era, infatti, il senso dei famosi criteri 3D di Madelaine Albright: “no decoupling, no duplication, no discrimination”. In altre parole, il processo decisionale europeo non doveva essere sganciato dal più ampio processo decisionale degli Stati Uniti, la Pesd inventata dall’Ue non doveva duplicare le risorse e i mezzi già esistenti nell’Alleanza e la Pesd non doveva discriminare tra i membri europei della Nato in base alla loro appartenenza o meno all’Unione Europea.
Questi tre elementi erano e sono, ovviamente, in evidente opposizione con la logica intrinseca di una difesa europea. Le accuse di antiamericanismo e gli “amichevoli” avvertimenti contro lo spreco di risorse, regolarmente chiamati in causa per scongiurare o contenere entro precisi confini qualsiasi inclinazione verso l’autonomia europea, sono stati impiegati per guidare l’evoluzione della Pesd verso un modello il più possibile vicino alle 3D originarie. L’atlantismo/europeismo è la miscela oggi diventata di moda con il compattamento della Nato proprio nel momento in cui la prima parte (atlantica) domina più che mai sulla seconda. Ma se l’atlantismo è chiaro come subordinazione al centro di potere statunitense, l’europeismo, di cui molti si riempiono la bocca, non è la subordinazione al centro di potere Ue di Bruxelles, anzi tale centro è escluso dal piano atlantista e da esso praticamente eliminato.
La svolta verso la dissoluzione sostanziale dell’Unione europea è iniziata con la Brexit ed è proseguita con la guerra in Ucraina e il summit della Nato di questi giorni. Kissinger è ora soddisfatto: se vuol sapere cosa pensa l’Europa basta che telefoni a Londra. Ma la Gran Bretagna non è l’Unione europea e anzi è contro di essa. Nell’ultimo decennio, Londra ha manovrato in modo che esista una Europa geografica sulla quale esercitare il controllo attraverso accordi bilaterali, un’Europa militare inserita o aspirante alla Nato sulla quale esercitare il comando su delega statunitense e un’Europa economica e sociale coincidente con la Ue da contrastare ed eliminare. La Gran Bretagna non ha alcuna considerazione di questa Unione e la giudica soltanto una consorteria di comodo che alcuni paesi europei hanno messo a disposizione di una burocrazia malsana e autoreferenziale. Di fatto, la vera Unione che la Gran Bretagna sta costruendo è la coincidenza fra Europa geografica ed Europa militare e di entrambe si è autoproclamata paladina e referente (nonché deferente) nei confronti degli Stati Uniti.
CHI, A CASA NOSTRA come in altri paesi, si dichiara ancora e orgogliosamente atlantista ed europeista non riesce a vedere che l’Europa di cui parlala Nato non solo ha interessi diversi da quelli della Ue, ma non è la Ue. E ora che la Ue si è completamente allineata alla politica bellica statunitense e Nato, che ha miseramente fallito nel compito di preservare la sicurezza europea e che ha deluso tutti i sogni della sua missione iniziale di garantire la pace eliminando le controversie territoriali essa stessa è inutile e ingombrante. Lo hanno invece capii() benissimo a Bruxelles che con tale allineamento tentano di sopravvivere come potere burocratico nell’interesse di una nomenclatura politica, diplomatica, amministrativa, giudiziaria, economica e militare anche a scapito degli interessi dei paesi membri che la tengono in piedi. Non è detto che sia la Nato sia gli Stati Uniti e la Gran Bretagna si oppongano a questo costoso “contentino”. I servizi burocratici sono sempre utili soprattutto se possono essere spacciati come dimostrazione di “unità e autonomia”. Perché così sarà. Fine dei sogni.